Esprimere se stessi: i murales mobili africani

Art track
Credits foto: MikeBlyth

Qualche anno fa mi lasciai affascinare dall’arte dell’espressione personale. Che cosa voglio dire? Presi un pezzo di stoffa bianca, avanzata da precedenti approcci artistici, vi dipinsi una frase e con pazienza e incompetenza la cucii sulla mia borsa a tracolla.
Ai tempi frequentavo l’università e il mio pezzo di stoffa dipinto si guadagnò una discreta dose di sguardi incuriositi ed espressioni perplesse.

Che cosa recitava quel pezzo di stoffa?

Ad essere sinceri, non lo ricordo più. Era una citazione sulla musica, una frase trovata chissà dove e ora dimenticata. Qualche mese dopo era diventata parte integrante della mia borsa: me ne stancai, la scucii e la riposi da qualche parte. Un luogo che sto spronando la mia mente a ricordare.

Dipingere le proprie idee su stoffa

Era un gesto sovversivo? Un’idea eccentrica per mettermi in mostra? Una forma d’arte incompresa? Forse rappresentò tutte queste cose insieme e nessuna di loro.
Rimase un semplice pezzo di stoffa dipinto, cucito senza maestria, a cui avevo assegnato l’arduo compito di rappresentarmi. Ancora oggi non ne conosco le conseguenze, se ne ebbe.
Lo avevo quasi dimenticato del tutto prima di leggere l’articolo di Wole Soyinka, scrittore nigeriano, sull’arte africana di strada e su quelli che lui definisce “murales mobili”.

Arte impegnata o semplice arte di strada?

I “murales mobili” o miniature itineranti sono dei dipinti “sfrontati, grezzi, dai colori strani e vistosi”, opere di autodidatti che si possono ammirare in Africa e in America Latina.
Sono frasi dipinte, riflessioni di gente comune che esprime se stessa e le proprie idee.
“Spesso si tratta di proverbi, espressioni di saggezza popolare, battute tratte dalle fonti più disparate, strappate dal loro contesto originario”, scrive Soyinka mostrando a noi lettori occidentali un mondo per lo più sconosciuto.
Tali scritte si trovano sui grandi camion tipici dell’Africa, i trotros ganesi o i mammy-wagons nigeriani e secondo lo scrittore rappresentano una forma d’arte impegnata e sovversiva.

Una breve scritta dà voce a una vita intera

Tutti abbiamo una vaga idea della realtà che Soyinka tratteggia nel suo articolo: l’Africa è, nell’immaginario di chi la conosce solo attraverso le immagini di film o telegiornali, una terra di straordinaria bellezza e di ineguagliabile dolore. Ricca, strabiliante, sconvolgente, inebriante. Ma queste sono parole di chi la osserva da lontano e non rappresentano quelle di chi ci vive da sempre.
“Non c’è filo diretto con il paradiso”, “Chi mangia poco non muore”, “I giovani cresceranno”, “Nessuna condizione è permanente” recitano i “murales mobili” dipinti da sconosciuti che in una frase hanno dato voce alla loro vita, a un significato che muta per ognuno di noi.

Esprimere se stessi tra l’indifferenza

Che siano considerati arte sovversiva, tradizionale o mera espressione creativa, i “murales mobili” rappresentano una voce poco incline al silenzio. È la voce di chi desidera parlare e mostrare la propria verità: giusta o sbagliata che sia, non avrà il rimpianto di aver taciuto.

Ricordo che ai tempi la mia frase dipinta non riscosse molto successo, soprattutto tra i miei famigliari. “Cosa vuol dire?”, mi chiedevano. Mi ero persino meritata un “che stat” (in dialetto piemontese letteralmente “che stato” per indicare qualcosa che ci ha colpito in senso negativo, ossia “che brutta cosa!”). Diciamo che la mia “arte espressiva” non era stata capita. Ma forse, non è neppure importante che lo fosse.

Arte o meno, impegnata o meno, dalle mille interpretazioni e significati, l’arte di strada africana, come altre forme espressive non convenzionali, ci mostra il volto caparbio della natura umana che non si lascia ridurre al silenzio. In un modo o nell’altro, trova sempre lo spazio per esprimersi e non rinuncia a farlo con creatività, infischiandosene di etichette e convenzioni.
La stessa natura irrequieta si muove anche in voi? Vi piace esprimervi in modo non convenzionale? Come siete diventati i portavoce delle vostre idee e di voi stessi? O come lo vorreste diventare?

PS/ Or ora un lampo: mi sono ricordata del luogo misterioso e dell’antica frase.
La musica esprime ciò che non può essere detto, ma neanche taciuto. La citazione è di Victor Hugo.

Bibliografia:
~ Wole Soyinka, Filosofia di strada, pubblicato su Internazionale del 14 marzo 2008

~ Per leggere l’articolo originale in inglese: Wole Soyinka, Hot wheels, pubblicato su New Statesman